
In epoca adrianea la villa più antica venne modificata trasformando il tablino in una piccola biblioteca privata, e poi furono aggiunti altri ambienti fra i quali il cosiddetto Triclinio dei Centauri.
Di essa faceva parte anche il Criptoportico con Volta a Mosaico, che ne era la basis villae e ancora conserva un rarissimo mosaico con conchiglie sulla volta di uno dei sui corridoi, del quale abbiamo già scritto in altre occasioni.
Nel Seicento il terreno dove sorge il Palazzo Imperiale apparteneva alla famiglia Altoviti, e nel Settecento venne acquistato dal conte Giuseppe Fede che divenne proprietario di gran parte della Villa. Fece diversi scavi nei suoi terreni, mettendo insieme una grande collezione di sculture antiche, che venne dispersa e venduta alla sua morte: fu acquistata in gran parte dalla Camera Apostolica per arricchire le collezioni papali.
Nel 1779 gli eredi del conte Fede – Giovan Battista Centini e suo figlio Felice – scavarono nel Palazzo Imperiale assieme al cardinal Mario Marefoschi. Il Settecento fu un periodo di scavi forsennati, perché prelati e nobili italiani e stranieri si divertivano a fare gli archeologi e naturalmente andavano in cerca di tesori, soprattutto statue, marmi e mosaici che poi venivano venduti caro prezzo sul mercato antiquario.
In uno degli ambienti del Palazzo Imperiale, che chiamiamo Triclinio dei Centauri (PI46) ed in quelli vicini – tutti costruiti da Adriano che li aggiunse alla villa repubblicana – furono scoperti splendidi mosaici. Uno raffigura una lotta fra Centauri e Belve, altri hanno Maschere sceniche oppure con paesaggi idillici ed una splendida cornice policroma con tralci di vite avvolti da nastri colorati in giallo e azzurro. Oggi si trovano tutti nei Musei Vaticani tranne quello dei Centauri, che è a Berlino nel Museo di Pergamo.
I quadretti sono in mosaico finissimo con tessere di 2-3 mm, quindi si tratta di preziosi emblemata in opus vermiculatum, probabilmente importati dall’oriente come il Mosaico delle Colombe rinvenuto nell’Accademia.
Quattro pannelli sono stati sistemati nel Museo Pio Clementino del Vaticano, nel Gabinetto delle Maschere all’interno della cornice con foglie di vite. Lo spazio fra i pannelli ha un mosaico moderno a fondo bianco con tralci di edera, stelle e i venti, che erano i simboli dello stemma di papa Pio VI che commissionò il lavoro.
Il primo mosaico raffigura quattro Maschere sceniche e la lira di Apollo e in origine era al centro di un ambiente quadrangolare (PI47) vicino al Triclinio dei Centauri che aveva lungo le pareti la cornice di cui si è detto.
Il secondo mosaico ha una Maschera scenica coronata di alloro posta su un pilastro vicino al quale si vedono i simboli di Apollo: il Grifo, la Lira e la faretra con le frecce.
Nel terzo mosaico si vede una Maschera coronata da foglie di vite e sotto vi sono i simboli di Dioniso: un Leopardo che addenta uno strumento musicale, e poi un kantharos sopra a un pilastrino.
L'ultimo mosaico ha un paesaggio idillico con cinque capre, un laghetto ed un piccolo sacello davanti al quale è seduto il dio Dioniso.
Il mosaico con la lotta fra Centauri e Belve fu rinvenuto nel Triclinio dei Centauri (PI46) assieme ad altri pannelli, e raffigura una Centauressa caduta a terra e ferita dagli artigli di una tigre. Al centro del quadro è un Centauro che sta per scagliare un grosso masso di pietra sulla Tigre, e dietro di lui si vede un Leone ormai morto; in alto a sinistra un Leopardo osserva la scena dall’alto di una roccia.
L’iconografia dei pannelli con le Maschere sceniche, le belve feroci e i tralci di vite è legata al mito di Dioniso che frequentemente era raffigurato nelle decorazioni dei Triclini, perché il dio era legato al vino e ai banchetti.
Per questo motivo l’ambiente in cui sono stati rinvenuti i mosaici viene chiamato Triclinio dei Centauri e si presume che ospitasse piccoli banchetti privati.
Altri triclini sono stati identificati a Villa Adriana: il più grande e spettacolare era quello del Canopo, destinato a grandi ricevimenti ufficiali ai quali l’imperatore invitava personaggi importanti.