MARCO AURELIO: GUERRA E PACE
Marco Aurelio nacque a Roma nel 121 d.C. e regnò dal 161 al 180 d.C. in un periodo in cui le invasioni barbariche si intensificarono e i problemi legati alla sicurezza dei confini dell’impero si accentuarono.
L’imperatore Adriano, che aveva compreso le sue doti, lo face adottare come successore da Antonino Pio (Marco Aurelio ne sposerà la figlia Faustina), assieme a Lucio Vero (figlio di Lucio Elio Cesare). Alla morte di Antonino Pio, Marco Aurelio associò all’impero Lucio Vero e di fatto creò una diarchia, com’era stato al tempo della Repubblica.
Marco Aurelio fu un imperatore colto e filosofo, autore dei celebri «Colloqui con se stesso», una raccolta scritta in greco, probabilmente non destinata alla pubblicazione. Sono meditazioni filosofiche autobiografiche che riguardano questioni vecchie come il mondo: il significato della vita e l’impotenza dell’uomo di fronte al volere degli dèi. Seguendo gli insegnamenti degli stoici, Marco Aurelio scriveva: «Bisogna lottare fino al limite delle nostre capacità e sopportare le sofferenze con pazienza e perseveranza».
Pur essendo convinto che gli avvenimenti della vita siano predestinati, l’imperatore riteneva tuttavia che grazie alla forza di volontà e alla disciplina qualcosa si potesse cambiare in meglio: «Cerca di capire, prima che sia troppo tardi, che tu possiedi in te stesso qualcosa di più alto e divino dei semplici istinti che muovono le tue emozioni e ti fanno agitare come una marionetta».
Seguendo la politica conciliante e diplomatica di Antonino Pio, Marco Aurelio scelse di rispettare il Senato e i sui poteri, cercando di nominare consoli le persone più meritevoli; nelle province introdusse norme per sorvegliare gli esattori delle tasse, e cercò di prevenire la corruzione e le ruberie.
Promosse diverse riforme giudiziarie, diminuì il numero gli spettacoli gladiatori e ne ritardò gli orari, affinché non interferissero con il lavoro di tutti i giorni.
«Ma cosa allora ha valore? Suscitare gli applausi? Certamente no. Né tanto meno suscitare le lodi della folla, che altro non sono che applausi della lingua».
Le casse dello Stato romano erano vuote, per via delle enormi e crescenti spese militari, per i numerosi donativi, ai quali si aggiunse una grave crisi demografica ed economica causata da una grande pestilenza che provocò moltissimi morti – fors’anche Marco Aurelio stesso. Egli ridusse le spese della corte imperiale e cercò di amministrare in modo oculato, mettendo persino in vendita o all’asta proprietà imperiali e preziosi oggetti personali.
Fin dall’inizio del suo regno suo dovette impegnarsi in guerre lunghe e sanguinose, per reprimere ribellioni o fronteggiare invasioni barbariche in tutto l’impero. In Oriente i Parti invasero l’Armenia, infliggendo dure sconfitte agli eserciti romani, in seguito alle quali a Lucio Vero furono affiancati generali di provata esperienza, che rovesciarono le sorti del conflitto.
L’Armenia venne occupata dai Romani nel 163-164 d.C. e nel 166 Marco Aurelio e Lucio Vero celebrarono il trionfo sui Parti a Roma. All’evento presero parte anche i loro figli Commodo ed Annio Vero (ancora bambini) che in quell’occasione furono nominati Cesari. Un’anticipazione della Tetrarchia di Diocleziano.
Un altro fronte si aprì anche nel nord dell’impero: nel 166 d.C. il Danubio venne superato da potenti e bellicose tribù germaniche che intendevano stabilirsi entro i confini romani perché a loro volta erano pressate da altri popoli nomadi. Nel 169 d.C. Lucio Vero morì improvvisamente ad Altino. Nel 170 d.C. i Quadi e i Marcomanni inflissero dure sconfitte ai Romani, distrussero Oderzo e arrivarono a assediare Aquileia. Ci vollero anni per riprendere il controllo di quei territori; la vittoria decisiva sui Marcomanni avvenne nel 178 d.C. durante l’ultima campagna militare di Marco Aurelio, che morì a Sirmio o a Vindobona il 17 marzo del 180.
Per tentare di risolvere il problema delle ricorrenti invasioni Marco Aurelio consentì che molti barbari si insediassero in Dacia, Pannonia, Mesia, Germania e perfino in Italia, assegnando loro terre coltivabili in modo da avere nuovi agricoltori e soldati di cui aveva bisogno. Una soluzione che portò al graduale «imbarbarimento» dell’esercito romano e nel lungo periodo ne minò le fondamenta dall’interno.
Il figlio Commodo fu nominato Augusto associato nel 177 d.C., e succedette al padre nel 180. Volle subito tornare a Roma per esibirsi in combattimenti gladiatori e dedicarsi ad una vita dissoluta e megalomane, di cui parlano le fonti antiche contemporanee. La sua condotta folle mise in evidenza i rischi legati alla successione per via dinastica. Per più di un secolo i precedenti imperatori erano stati tutti scelti e nominati con il sistema dell’adozione; ma in mancanza di alternative Marco Aurelio scelse il figlio, tornando alla successione in ambito familiare e dinastico con tutti gli inconvenienti che seguirono: un problema ricorrente e cruciale per l’impero fin dai tempi di Augusto
Per ricordare Marco Aurelio e le sue vittorie sui barbari danubiani Commodo fece erigere una Colonna simile a quella di Traiano, la Colonna Antonina che era sormontata da una statua dell’imperatore, poi sostituita da quella dell’apostolo Paolo. Illustra le guerre contro i Marcomanni e contro i Sarmati, con 116 episodi e ha all’interno una scala a chiocciola, proprio come la Colonna Traiana.
Marco Aurelio è noto anche per la celebre statua in bronzo dorato, una delle pochissime a noi rimaste dell’antichità, di cui si ignora la collocazione originaria. Nel 1539 fu sistemata da Michelangelo al centro della piazza del Campidoglio da lui disegnata. Nel 1997 è stata sostituita da una copia e l’originale è stato sistemato in un apposito padiglione all’interno dei Musei Capitolini.